E’ difficile fare delle affermazioni “retoriche” quando si parla di borsa e molto bisogna tenere conto degli ultimi eventi di attualità. Vi facciamo una sintesi di tutto quello che è accaduto e potrebbe incidere sui mercati nei prossimi periodi.
La scivolata dei costi di produzione e la competizione
Gli Stati, specialmente quando ciò riguarda il settore delle commodities o delle materie prime, gareggiano tra di loro e cercano di diventare più efficienti nella produzione. Sta succedendo per il petrolio, e non solo per il petrolio. La razionalizzazione della produzione, l’importanza maggiore della ricerca e sviluppo (per trovare metodi di estrazione più economici e schiacciare la concorrenza) accomuna sia lo Stato che le industrie del settore. Non ricordiamoci che molti Stati “pareggiano” i conti con il mercato delle materie prime (caso emblematico è rappresentato dalla Russia che ha dovuto rivedere, date le basse quotazioni del petrolio, al ribasso le stime sul Pil e sui conti di Bilancio), dato che esso rappresenta una quota parte importante delle esportazioni.
E’ difficile conciliare ad una posizione comune tra gli Stati, dato che ognuno cerca di “tirare” l’acqua al suo mulino. Stiamo assistendo ad una battaglia campale a suon di colpi di produzione sul greggio (sia che ci riferiamo al Brent, sia che ci riferiamo al Wti) che vede, quali protagonisti:
- gli Stati Uniti, in primis. Sono stati le “stelle e strisce” ad aprire il round! Lo shaile oil (ormai chiamato con varie sfumature, quasi fosse il crack del momento) è il nuovo modo, assai economico, di aumentare la produzione e far scendere le quotazioni sino anche a 25 dollari al barile! (si spingono ad affermare alcuni analisti, rifiutando di credere che il traguardo di sostenibilità della produzione sia di soli 50 dollari al barile, e visto che ci siamo già vicini. Cosa che sembrava impossibile da realizzarsi). E non allentano, affatto, la presa. Evidentemente, il mercato finirà nelle mani degli Usa, ma non tanto per questioni commerciali. Qui è in crisi l’equilibrio internazionale, l’egemonia di uno Stato sull’altro. Fino a quanto il gioco varrà la candela per gli Emirati Arabi Uniti che certamente potranno contare su importanti riserve di cassa e differire la vendita del greggio a tempi migliori, in cui la domanda supera l’offerta ed i prezzi tornano a salire. Si dice che perfino il “califfato islamico” si finanzi attraverso il mercato nero del petrolio! Ci pensate a quanto “agio” ha dato il petrolio a molti paesi ed alla chiara “ostilità” che essi hanno verso il dollaro, visto che tutto è espresso in dollari? Una situazione che continuerà a tenere sotto pressione i mercati finanziari anche nel 2015
- I nuovi osservati speciali del cambio sono, pertanto, tutte quelle valute che, in un modo o in un altro, hanno a che fare con il calo delle quotazioni del greggio. La corona norvegese, la corona danese, il dollaro canadese, il dollaro neozelandese. Tutti rimaniamo sintonizzati alle nuove decisioni della Banca Centrale. Tutti si stanno accodando ad una politica espansiva: abbassare i tassi. Rappresentano l’eccezione solo la Russia (ed a nulla è servito il rialzo dei tassi di 100 punti base ed oltre, visto che la scivolata del rublo continua inarrestabile) e la Gran Bretagna che non abbandona l’intento di conservare una “valuta-forte”, bene rifugio per eccellenza (si continuerà ad investire ancora sulla sterlina d’oro per il suo alto valore numismatico, ora che anche l’Oro sta scontando rally imprevisti)?
Certamente, i mercati sono in panico e stanno tenendo sotto controllo anche la tensione fra Cina e Giappone. Lo yen si è apprezzato nella seduta di ieri ma il sentiment è piuttosto mitigato dal fatto che le prospettive di ripresa dell’economia sono viste con incertezza, per quell’avversione al rischio che sembra governare il mercato (ed anche se il Giappone rimane in cima tra i paesi che meglio vantano una buona performance del settore immobiliare). La Cina, da parte sua, si lancia risoluta nell’internazionalizzazione del Renminbi, valuta che forse vedremo presto in tutte le piattaforme di trading.
Nel 2015, certamente il forex la dirà lunga e prevarrà, insieme all’azionario, sull’obbligazionario.