Quantitative Easing, la svolta

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Parte il Quantitative Easing lanciato da Mario Draghi e BCE

Parte il Quantitative Easing lanciato da Mario Draghi e BCEInfine è arrivato, il quantitative easing di cui tanto si è parlato nei mesi precedenti e al quale si è giunti con non poche tribolazioni. Si è trattato di un evento decisamente importante, storico, che tuttavia ha lasciato spazio a diverse critiche sulle modalità di attuazione. Infatti proprio ieri si è presa conoscenza di due piccoli dettagli fino ad allora ignoti: il primo, positivo, è che la quantità di denaro in ballo sarà ancora più alta rispetto a quella prevista. Il secondo, è che il rischio sarà condiviso “soltanto” al 20% al fine di poter meglio indirizzare l’utilizzo del credito per fini strutturali, e non per un “recupero spese”.

Affrontiamo la questione qui su Giocareinborsa.com non soltanto per la rilevanza in sé dell’argomento, ma anche per gli effetti che potrà avere tale operazione sulla finanza e sul trading, soprattutto per ciò che riguarda le coppie valutarie con in prima linea l’EUR/USD.

Vediamo ora insieme tutti i punti dell’operazione QE in dettaglio.

<< … Si è deciso di varare un programma di acquisto di titoli ampliato alle emissioni pubbliche che ingloberà i precedenti programmi di acquisti di prestiti bancari cartolizzati e di obbligazioni bancarie garantite. Sulla base di questo programma ampliato l’acquisto combinato mensile di titoli del settore pubblico e provato ammonterà a 60 miliardi di euro.
Tutto questo verrà portato avanti fino alla fine di settembre 2016, e comunque fino a quando non vedremo che vi è un sostenuto adeguamento dl ritmo dell’inflazione che sia coerente con i nostri obiettivi: raggiungere un livello di inflazione vicino al 2% nel medio termine … “

60 miliardi al mese, fino a settembre 2016

Il piano del quantitative easing partirà nel concreto dal primo febbraio e si protrarrà fino a settembre del 2016, con 60 miliardi al mese per 19 mesi e quindi un totale di 1.140 miliardi. Praticamente, sopra le aspettative, che parlavano di circa mille miliardi ma si pensava si arrotondasse per difetto e non per eccesso, e non così tanto. Insomma, un sacco di soldi che pioveranno sulle nostre teste o per meglio dire su quelle delle banche (che potranno fare finalmente più credito e più prestiti), dei bond ed altro ancora che affronteremo nel corso di questo articolo.

La questione del 20%

Chi ha avuto modo di vedere la conferenza stampa di Draghi, ha potuto notare con quanta insistenza gli sia stata posta la questione del 20% ovvero di una condivisione del rischio limitata ad un quinto delle potenzialità. Draghi si è mostrato visibilmente irritato e l’ha anche detto. In realtà, da un punto di vista giornalistico è molto semplice. Innanzitutto si tratta di una questione uscita all’ultimo, a giochi fatti, quindi è ovvio che provochi più domande in quanto i giornalisti devono soddisfare innanzitutto le nuove curiosità. In secondo luogo, perché è apparso chiaro sin dall’inizio che questo 20% sia stato di fatto il frutto di una lunga contrattazione con la Germania, anche se Draghi ha voluto ribadire che si tratta di una decisione largamente condivisa.

Il fatto che sia largamente condivisa può lasciare adito a qualche dubbio, tuttavia è facile capire le ragioni di questo tetto alla condivisione del rischio. Questo “allentamento” serve innanzitutto per offrire stabilità e non per mettere una toppa ai propri problemi finanziari, serve cioè a lanciare quelle riforme strutturali che saranno maggiormente possibili con una più semplice richiesta di prestito alle banche, ad esempio, cosa che dovrebbe rilanciare economia, lavoro e consumi. Il vero jobs act, praticamente, si è avuto ieri. La congiuntura tra gli aspetti liberali del jobs act in aggiunta al provvedimento di quantitative easing sarà di fatto lo strumento chiave per la ripresa dell’Italia.

Crediti e Prestiti

Ultimamente la ConfCommercio ha pubblicato uno studio in cui si rileva che tra nell’ultimo quadriennio 2011-2014 i prestiti che sono venuti a mancare per le imprese sono stati pari a 97,2 miliardi, una cifra impressionante che è stata coadiuvata dallo spread, che ha colpito duramente 2011 e 2012. Fortunatamente, da un anno a questa parte lo spread non rappresenta più una minaccia ma ciò non era bastato all’economia italiana per ripartire, neanche con alcune politiche ultraespansive. Ciò si è tradotto con un graduale calo dei prestiti e dei crediti, elementi che ora invece potranno essere riconsiderati grazie al quantitative easing. Con questi 60 miliardi al mese (non solo per l’Italia, sia chiaro), tutte le banche europee potranno ottenere liquidità e fare credito a imprese ma anche a famiglie. I prestiti alle famiglie andrebbero soprattutto ad aiutare i mutui, che potranno per questo anche risalire un po’ e quindi contribuire a quell’inflazione a cui mira Draghi (2% annui).

Tandem Banche Imprese

Un ruolo fondamentale del quantitative easing sarà quello di rafforzare il necessario tandem che dovrebbe sempre esserci tra banche e imprese. Infatti, le imprese devono sostenere investimenti fissi lordi legati ai macchinari (in primis), alle costruzioni ed altro ancora. A partire dal 2008 (teniamo ben presente che si tratta di 7 anni fa), gli investimenti fissi lordi in Italia hanno visto un calo del 15%, andando per forza di cose ad incidere anche sul PIL, il Prodotto Interno Lordo, dato che proprio gli investimenti fissi lordi delle imprese rappresentano uno dei quattro elementi del PIL stesso (assieme a consumi, spesa pubblica e dati legati all’estero (import/export, saldo partite correnti ecc.).

Quindi, più prestiti significa più investimenti fissi lordi, significa più PIL, significa più solidità finanziaria che può dare adito a più spesa pubblica. Il tutto inciderebbe sui consumi e l’occupazione. In definitiva, si sta spingendo la macchina per farla ripartire.

Taglio delle Tasse

In tutto ciò, si potrà avere spazio per un provvedimento che si aspetta da molto tempo ovvero ad un taglio delle tasse? Non si sa. Teoricamente, sì, ma questo sarebbe un provvedimento nazionale che sarebbe quindi sottoposto ad un ostacolo ostico: i politici italiani. Ora, non vogliamo generalizzare, ma solo bacchettare generalmente. Fino ad ora, il peso fiscale è diventato progressivamente eccessivo. Di chi sia la colpa poco interessa. L’importante è che si possa dare più respiro alle imprese e al consumo. Ciò aiuterebbe e di molto l’occupazione, molto più di quanto provvedimenti liberali sui diritti dei lavoratori possano fare.

La liquidità, vera parola chiave

Ciò che ci ha sempre differenziato con un’economia forte e liberale come gli USA, è stata sempre la mancanza di liquidità, oltre che alla mobilità del lavoro. Soprattutto noi italiani siamo un popolo di risparmiatori e perciò quando vi sono periodi di crisi di prestiti e crediti, quella poca liquidità che c’è viene anche a mancare. Per questo motivo, il Quantitative Easing assume ancora più importanza poiché va ad aiutare proprio questo elemento chiave. Più liquidità per le banche, più liquidità per le imprese, più occupazione, più stipendi, più consumi (e quindi, per la felicità di tutti, anche più inflazione).

Le Banche

Sebbene possa suonare come una pioggia di miliardi che i banchieri potrebbero utilizzare come piscina modello Paperon de’ Paperoni, in realtà il quantitative easing sebbene vada ad aiutare la condizione delle banche riuscirà a risollevarle piuttosto lentamente. Infatti, la situazione delle banche italiane vede un rapporto tra utile e patrimonio netto in salita di un 1% per il 2015 e un 1,7% per il 2016. Il 2014, per dire, è stato nullo, con uno 0,1%. Le banche saranno uno strumento necessario e fondamentale affinché il quantitative easing possa avere successo e tutto starà quindi sul come riusciranno ad utilizzare questa quantità di extra credito che avranno a disposizione. Si tenga presente che negli anni precedenti alla crisi i ritorni sul capitale delle banche erano attorno al 10%, perciò si tratta innanzitutto di una manovra per uscire dal fango. La vendita di BTP in portafoglio, ad esempio, potrebbe e dovrebbe spingere all’insù i margini, migliorando così il rapporto fra utile e patrimonio netto (ROE) di cui sopra.

La questione BTP

Le banche europee hanno utilizzato una buona parte dei prestiti finora ottenuti dalla BCE per comprare BTP. Ora, a partire da marzo la stessa BCE comprerà i titoli di Stato (in possesso degli istituti di credito) a 2 anni e 30 anni, con il palese obiettivo di far tornare liquidità alle banche, in modo tale che utilizzi tale liquidità per effettuare i prestiti a imprese e famiglie (in quest’ordine). Ma a quanto ammontano questi BTP a 2 e 30 anni? Si calcola che le banche italiani posseggano qualcosa come 400 miliardi di euro in titoli, tra cui ¾ in BTP. Si pensi che prima del 2011 (anno in cui la BCE lanciò i finanziamenti agevolati a lungo termine LTRO), la quota dei BTP di “soli” 110 miliardi.

Per quanto riguarda la relazione tra quantitative easing e BTP, il 12,3% del totale dei titoli di Stato che comprerà la BCE saranno proprio i BTP italiani. A tal proposito, il buon Draghi ha fatto presente che la Banca Centrale Europea non acquisterà una quota superiore al 25% di ogni singola emissione e al 33% del debito di un solo Paese. Le altre percentuali vedono un 17,9% per i Bund tedeschi, 14,1% per gli Oat francesi, 8,8% per i Bonos spagnoli. L’operazione sarà effettuata in concreto dalle banche centrali nazionali (ciò in un’ottica -almeno di facciata- di salvaguardia della unicità della politica economica e monetaria).

Niente debito

Come avete potuto notare, sia noi che tutte le testate giornalistiche serie, sia lo stesso Draghi, abbiamo fatto riferimento alla liquidità, al prestito, al credito. Ma, sia chiaro, nel quantitative easing non c’è alcun aiuto al debito pubblico. Ovvero, si tratta di una manovra che vuole rilanciare gli investimenti e non quindi risanare il debito pubblico. Non c’è quindi manco l’ombra di un finanziamento del debito, che invece potrà essere il frutto finale a lungo termine di questa operazione di riparazione. Quindi, non si tratta di un’operazione di espansione dei bilanci degli Stati, una sorta di finanziamento a pioggia indiscriminato.

Il compromesso e i paesi “virtuosi”

Il compromesso (anche se non viene ufficialmente chiamato così), è stato sicuramente voluto in prima linea dalla Germania, ma ha sicuramente un senso. Una situazione di default di un paese di cui si potrebbero quindi comprare i titoli di stato (che diverrebbero carta straccia, se in default), potrebbe mettere a rischio l’intera economia europea. Se ciò sarebbe grave per noi, figuratevi per un paese con economia forte come la Germania. Per ora, si tratta di un passo in avanti che sarebbe davvero sbagliato criticare. Inoltre a ciò va aggiunto l’elemento della proroga, nel caso non si raggiungano gli obiettivi nel settembre 2016.

La questione Grecia

Proprio mettendo in luce l’ultimo punto, possiamo uscire dal cappello la questione Grecia, che non solo potrebbe vedere Tsipras vincitore, ma ritorna in evidenza proprio per il quantitative easing, dato che già da ora i suoi titoli vengono considerati “spazzatura” dalle agenzie di rating. La condizione per tale acquisto sarebbe tuttavia un programma di assistenza, ovvero un accordo con la cosiddetta Troika che prosegua anche dopo le elezioni che si terranno domenica 25 gennaio.

Il presidente Mario Draghi lo ha annunciato dopo la riunione del Consiglio direttivo. L’ammontare è molto superiore alle attese: potrà superare i 1.140 miliardi di euro. Ma l’80% delle potenziali perdite resterà in capo alle banche centrali nazionali: un compromesso che risponde alle preoccupazioni della Germania e degli altri Paesi “forti” ma può minare la compattezza dell’Eurozona.

La stabilità politica dell’eurozona

La questione del 20% potrebbe creare qualche spaccatura anche politcamente, tra Germania e paesi intermedi (quasi tutti), più che con i paesi deboli. Infatti, la questione del 20% uscita all’ultimo momento, sebbene molto comprensibile per le ragioni viste sopra, potrebbero scontentare quei paesi che seppur stiano rispettando tutti i parametri con dure misure di austerity, si vedono bloccare il rubinetto per la salvaguardia delle economie più forti.

Cosa aspettarci nel trading

Avendo esaminato abbondantemente cosa sia successo ieri alla BCE e cosa cambierà con il QE, passiamo ora all’argomento che più ci appassiona: il trading online. Come già anticipato nell’introduzione, nel trading potremo vedere molti cambiamenti soprattutto riguardo:

  1. Al cross EUR/USD
  2. Ai titoli bancari (che già in questi giorni stavano vivendo giorni strani per la nuova legge sulle popolari)

Affronteremo entrambi gli argomenti nei prossimi articoli del nostro blog di GiocareinBorsa.com. Per ora, vi auguriamo un buon week end!

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