In questo articolo approfondiamo il discorso del rapporto prezzo utili o price earnings, che ci occorre per scoprire le migliori azioni da comprare in un determinato momento, sul mercato. Possiamo usare questo dato per acquistare azioni in previsione di un rialzo, oppure negoziare al ribasso se prevediamo che scendano di valore.
Ma non parleremo solo del P/E, perché per rendere il discorso più completo e per costruire un quadro più affidabile che ci consenta di scegliere le migliori azioni da comprare, vi parlerò di diversi indicatori e concetti.
Innanzitutto vedremo cosa significa un alto P/E, così come un basso P/E. Inoltre, parleremo di prezzo/utili anticipato (forward P/E), PEG (Price/Earning Growth), utile per azione (EPS), growth stock, value stock, price value, book value, Enterprise Value/Net Income (EV/NI), Ebit, Trailing Enteprise Value/Ebit.
Ma non è tutto, perché parlerò anche di due metodi di valutazione: il metodo Owner earnings (ideato da Warren Buffett), e il metodo Discounted cash flow.
Vedremo cosa sono, come funzionano e perché ci servono per scoprire le migliori azioni per un investimento. Si tratta di concetti complessi che ho semplificato al massimo al fine di rendere questo articolo adatto a tutti, anche a coloro che desiderano imparare a fare trading partendo da zero.
Indice
- 1. Rapporto Prezzo Utile o Price earning (P/E): cos’è e come funziona
- 2. Il forward P/E
- 3. Trailing Price Earnings Ratio
- 4. Enterprise Value/Net Income e Ebit
- 5. PEG
- 6. Come calcolare il Rapporto Prezzo/Utile con l’EPS
- 7. Rapporto prezzo/utile Alto o Basso: cosa cambia?
- 8. Growth Stock
- 9. Value stock e Price/book value
- 10. Metodo Owner Earnings e Discounted Cash Flow
- 11. Discounted Cash Flow
1. Rapporto Prezzo Utile o Price earning (P/E): cos’è e come funziona
Il P/E è un dato che indica il rapporto tra il prezzo dell’azione e gli utili della società che la emette. In un certo senso, il rapporto P/E ci dice quante volte l’utile è incorporato nel prezzo delle azioni. Nel caso in cui gli utili si dovessero mantenere costanti, il rapporto P/E ci dice quanti anni saranno necessari per recuperare il capitale investito.
Questo dato è pubblico e quindi si può consultare liberamente. Su alcune piattaforme, come ad esempio eToro (iscriviti qui), è possibile visualizzarlo all’interno della stessa piattaforma, gratuitamente.
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Si tratta di uno degli indicatori di analisi fondamentale più importanti, quelli di riferimento per valutare la qualità dei titoli azionari. Il rapporto P/E infatti ci consente di capire se il prezzo di un titolo è sottovalutato, sopravvalutato, oppure, tra virgolette, equo.
Se l’indicatore P/E ci indica che un titolo è potenzialmente sottovalutato, si potrebbe valutare la possibilità di acquistarlo.
Se invece l’indicatore P/E ci indica che un titolo è potenzialmente sopravvalutato, si potrebbe valutare la possibilità di investire sul suo ribasso oppure di venderlo, nel caso lo avessimo già in portafoglio.
2. Il forward P/E
Abbiamo detto che il P/E o Price Earnings è il rapporto tra il prezzo dell’azione e gli utili della società che la emette. A questo punto, però va fatta una precisazione, perché si possono considerare sia gli utili effettivamente conseguiti dall’azienda, sia gli utili attesi dagli analisti.
La differenza è sostanziale, perché se gli utili attesi ovvero previsti dagli analisti prevedono variazioni importanti del P/E, vi potrebbero essere delle situazioni molto interessanti per investire al rialzo o al ribasso.
Quando si prendono in considerazione gli utili attesi, si parla di Forward P/E, ovvero di rapporto prezzo/utili anticipato.
Preso singolarmente, l’indicatore forward P/E può avere scarsa attendibilità. Per questo motivo, in questo articolo parleremo degli altri fattori chiave da prendere in considerazione.
3. Trailing Price Earnings Ratio
Abbiamo detto che il rapporto prezzo/utili generalmente si basa sugli utili annuali, ovvero gli utili di chiusura del bilancio di esercizio. Tuttavia, nell’ottica della valutazione di un’azienda, il dato riguardante gli utili può risultare disallineato rispetto al prezzo delle azioni, che invece varia continuamente.
Per questo motivo, viene utilizzato il trailing P/E o rapporto trailing Price Earning. Con il trailing P/E si considera la somma degli utili totalizzati negli ultimi quattro trimestri.
4. Enterprise Value/Net Income e Ebit
Abbiamo parlato del forward e del trailing P/E perché il P/E semplice potrebbe non essere abbastanza aggiornato. Ebbene, per migliorare ulteriormente l’aspetto dell’aggiornamento, possiamo considerare anche altri dati fondamentali.
Se si vogliono confrontare società con un diverso livello di indebitamento, occorre usare il rapporto Enterprise Value/Net Income. Questo rapporto prende in considerazione i debiti finanziari e la capitalizzazione.
Se poi volessimo prendere in considerazione anche gli eventi non ricorrenti, come ad esempio i profitti straordinari, anziché il Net Income potremmo usare l’Ebit (il risultato operativo prima degli interessi e delle tasse). In questo caso il rapporto da usare diventerebbe Enteprise Value/Ebit.
Il rapporto Enterprise Value/Ebit consente di ovviare alle distorsioni legate alla leva finanziaria e ai profitti non ricorrenti.
5. PEG
Quando si prendono in analisi alcune società dal profilo innovativo, come ad esempio delle società online avanzate, si potrebbe ricorrere all’analisi dell’indicatore PEG o Price/Earning Growth, ovvero la crescita prezzo/utili.
Ma per quale motivo? Perché i dati del bilancio annuale (per questo tipo di società) potrebbero essere poco rappresentativi della situazione e sottostimare il tasso di crescita trimestrale.
6. Come calcolare il Rapporto Prezzo/Utile con l’EPS
Per calcolare il rapporto P/E si svolge per l’appunto la divisione tra il valore del titolo azionario e gli utili (reali o attesi). Un metodo alternativo per calcolare il P/E è quello di dividere il prezzo corrente dell’azione per l’EPS (ovvero l’utile per azione).
Esempio:
Ipotizziamo che una società registri un utile di 20.000 euro e che il suo capitale sociale sia ripartito in 20.000 azioni. L’utile per azione (EPS) sarà pari a 20.000 euro / 20.000 azioni, il cui risultato ci porta a 1 euro per azione. Nel caso in cui la quotazione di borsa fosse di 5 euro per azione, il rapporto P/E sarebbe pari a 5/1. Il price earnings quindi, sarà pari a 5. Ciò vuol dire che, se la società avrà degli utili costanti, quindi pari a 20.000 euro l’anno, saranno necessari 5 anni per recuperare il capitale investito.
7. Rapporto prezzo/utile Alto o Basso: cosa cambia?
Quando abbiamo un rapporto prezzo/utili alto, significa che sul mercato gli investitori sono disposti a scommettere sulla crescita della società e sulle sue capacità di incrementare gli utili.
Quindi, ricordatevi: P/E alto, significa che c’è una generale fiducia nel titolo da parte degli investitori. Tuttavia, in alcuni casi si potrebbe trattare anche di una società sopravvalutata (per molteplici ragioni) e che quindi potrebbe vedere il prezzo del suo titolo sgonfiarsi. Per evitare questo rischio, occorre contestualizzare, cercando di tracciare un quadro complessivo della società. Ne riparliamo tra poco.
Al contrario, un P/E basso può indicare due cose: un business in fase di deterioramento, oppure, attenzione attenzione, una società sottovalutata! Anche in questo caso, sarebbe meglio contestualizzare, cercando di tracciare un profilo complessivo della società.
Ora, occorre considerare che, per quanto siano “semplici” questi ragionamenti, va considerato il rischio che vi sia uno sfasamento tra la rilevazione degli utili e il prezzo. L’ideale sarebbe trovare un buon equilibrio tra i dati riguardanti gli utili già conseguiti, i dati riguardanti gli utili recenti e le stime. Inoltre, vi potrebbero essere delle distorsioni connesse alle politiche di ammortamento e accantonamento decise da chi amministra la società.
8. Growth Stock
Nel caso in cui il rapporto prezzo utile fosse alto, abbiamo detto che generalmente ci si trova davanti ad una società che gode della fiducia degli investitori.
In questo caso, il prezzo dell’azione, in previsione, sarà superiore alla media del mercato.
Questo caso generalmente lo si incontra soprattutto nelle startup, nei mercati azionari secondari, ma anche nelle società che non distribuiscono dividendi (e che reinvestono il capitale nell’attività).
A proposito delle growth stock, va considerato il vantaggio di una previsione ottimista, ma lo svantaggio di una maggiore volatilità, poiché potrebbe registrare delle frenate improvvise.
9. Value stock e Price/book value
Le value stock mostrano un P/E basso. Il loro valore può essere sottovalutato, ovvero trovarsi ad un livello più basso di quello che dovrebbero avere. In pratica, la quotazione non riflette i veri valori di analisi fondamentale della società in un determinato momento, ma nel tempo, nel lungo periodo, il valore delle azioni si rivela per quello che è.
In parole semplici: le value stock sono le azioni di una società solida, ben gestita, ma il cui valore di mercato lo si scopre solo col tempo. Chi riesce a scoprirlo prima, prima investe e più guadagna.
Si tratta quindi di titoli sui quali un investimento potrebbe rivelarsi particolarmente profittevole, nel caso in cui la sottovalutazione fosse verificata.
Generalmente, le value stock sono di società che distribuiscono dividendi e che operano in settori maturi.
Mentre le growth stock sono preferite nei momenti di espansione, le value stock sono più appetibili nei momenti di recessione. Queste due tipologie di titoli sono confrontabili in base al rapporto price/book value, in cui si mette a confronto il prezzo delle azioni e il patrimonio netto per azione.
Ora, va fatta comunque una precisazione, perché un price earning basso ci può far notare una value stock, ma potrebbe anche portarci su una strada sbagliata.
Infatti, in alcuni casi il price earning basso, che comunque significa una scarsa fiducia riposta dagli investitori nell’azienda e nelle sue prospettive, può essere anche indice di effettive criticità legate al business.
Quindi, intendiamoci bene: la scarsa fiducia degli investitori in un’azienda potrebbe essere sì dovuta a una loro mancanza di approfondimento, ma potrebbe anche essere dovuta ad un’analisi corretta e approfondita che ha portato ad avere sfiducia nell’azienda in questione.
In questo caso, si potrebbe anche verificare una dinamica particolare, chiamata value trap. In pratica, una società sottovalutata per buone ragioni, che viene sopravvalutata in futuro per effetto della contrazione degli utili. Nel caso in cui la società non valesse davvero tale rialzo, ci sarebbe il pericolo di una bolla.
Mettiamo ordine e semplifichiamo: quando notate un rapporto P/E basso, potreste avere di fronte una società sottovalutata che potrebbe portarvi a buoni risultati in futuro, con la sua crescita. Per assicurarvi che lo sia, controllate se vi sono notizie o analisi ad essa inerenti, date uno sguardo agli altri dati fondamentali. Insomma, cercate di capire se la sua sottovalutazione è un’occasione da sfruttare, oppure se è dovuta ad un’effettiva criticità con delle eventuali trappole future.
Ad ogni modo diversificate, diversificate sempre.
10. Metodo Owner Earnings e Discounted Cash Flow
Vediamo ora due dei metodi più utilizzati ed efficaci per la valutazione delle migliori azioni da comprare. Si tratta del metodo owner earnings, ideato da Warren Buffett, il più famoso investitore azionario al mondo, e il metodo discounted cash flow.
Il metodo Owner Earnings, pubblicato da Warren Buffet nel 1986 in una “lettera agli azionisti”, rivela un nuovo modo di valutare un’azione.
Si basa su quello che potrebbe essere chiamato “guadagno del proprietario”, ovvero:
- guadagni dichiarati
- deprezzamento, esaurimento, ammortamento e alcuni altri oneri non in contanti
- l’importo medio annuo delle spese capitalizzate per impianti e attrezzature ecc., il capitale circolante aggiuntivo per mantenere la sua posizione competitiva e il volume unitario. (Se l’azienda richiede capitale circolante aggiuntivo per mantenere la sua posizione competitiva e il volume unitario, anche l’incremento dovrebbe essere incluso in c. Tuttavia, le aziende che seguono il metodo di inventario LIFO di solito non richiedono capitale circolante aggiuntivo se il volume unitario non cambia.)”
Per calcolare l’Owner Earnings si procede con la seguente formula:
a + b – c
Come si può ben capire, questo metodo richiede un approfondimento poiché si tratta di un discorso complesso.
11. Discounted Cash Flow
Il flusso monetario scontato o flusso di cassa attualizzato o DCF è un metodo di valutazione di un investimento, basato sull’attualizzazione, secondo un tasso corretto per il rischio, dei flussi futuri attesi dall’attività in questione.
Il DCF quindi è un metodo per valutare il prezzo delle azioni di un’azienda. In questo caso il CF è il dividendo offerto dall’azienda, g è il tasso atteso di crescita dei dividendi e r è il tasso di rendimento per aziende con rischio paragonabile. Si ha quindi la seguente formula:
Dividendo/r-g
Il metodo di valutazione in questo caso prende il nome di DDM (Dividend Discount Model).
Esiste anche un altro modo di calcolare il valore presente delle azioni, sempre astraendolo non dal dividendo bensì dal valore futuro dei flussi di cassa (cash flow).